“Siete buffi, voialtri” dice Zazie. “Non sapete mai bene quel che pensate. Dev’essere faticoso. È per
questo che tanto spesso avete quell’aria seria?” Raymond Queneau, Zazie nel Metró
"Trouscaillon e la vedova Mouaque avevano già fatto un po' di strada
lentamente, l'uno accanto all'altra, ma sempre dritto davanti a sé e per di più
in silenzio , quando s'accorsero di star camminando l'uno accanto all'altra
lentamente ma sempre dritto davanti a sé e per di più in silenzio. Allora si
guardarono e sorrisero: i cuori avevano parlato. Rimasero a fissarsi,
chiedendosi che cosa avrebbero potuto dirsi e in quale lingua esprimerlo."
"A questo punto rimasero silenziose, paurose, dubbiose. Il tempo
passava fra loro due senza fretta".
"- La vita. Certe volte pare un sogno. [...] - Che diarrea,
l'esistenza".
I libri sono sempre
stati importanti nella mia vita. L’esistenza magica e complicata. I libri ne
scandiscono il tempo, l’intensità e l’umore. Non sono sicura che riuscirò ad
essere schematica e selettiva. Io non so scegliere. E allora vado d’istinto. Di
ricordi e di umore. Molti libri meriterebbero essere citati, e ognuno di essi
mi richiama ad un altro. Una bellissima storia senza fine.
“Abbiamo tutti dentro un mondo di cose: ciascuno un suo mondo di cose! E
come possiamo intenderci, signore, se nelle parole ch'io dico metto il senso e
il valore delle cose come sono dentro di me; mentre chi le ascolta,
inevitabilmente le assume col senso e col valore che hanno per sé, del mondo com'egli
l'ha dentro? Crediamo di intenderci; non ci intendiamo mai!“
Pirandello, Sei personaggi in cerca
d’autore.
Una fase della vita
dove iniziavo a confrontarmi con il gli altri (chi è altro da se) cercando di
capire la comunicazione dei sentimenti. Lo
sconforto dell’incapacità di esternare la propria me stessa che, ovviamente,
non avevo ancora trovato. L’entrata nel mondo della possibilità di scegliere è
stato per me estremamente faticoso. Eternamente combattuta tra il “me” e
il “si aspettano da me”.
“Trovarsi davanti a un pazzo sapete che significa? Trovarsi davanti a uno
che vi scrolla dalle fondamenta tutto quanto avete costruito in voi, attorno a
voi, la logica, la logica di tutte le vostre costruzioni!” Enrico IV
“Questa cosa orribile, che fa veramente impazzire: che se siete accanto a
un altro, e gli guardate gli occhi [...] potete figurarvi come un mendico
davanti ad una porta in cui non potrà mai entrare: chi vi entra, non sarete mai
voi, col vostro mondo dentro, come lo vedete e lo toccate; ma uno ignoto a voi,
come quell’altro nel suo mondo impenetrabile vi vede e vi tocca.”
L’adolescenza è una
strana fase della vita. I complicati dubbi, le incrollabili certezze. La
spavalderia ostentata e la celata timidezza. Adolescenza dove ogni emozione ti
distrugge o ti esalta e allora Henry Miller, Tropico del Cancro diventa come un romanzo uscito dalla
mia pelle.
Come se qualcuno,
chissà dove chissà come, avesse messo nero su bianco i miei pensieri. L’ho
divorato. “Bisogna
intrufolarsi nella vita per mettere su carne. Il mondo deve diventare carne;
l’anima ha sete”.
Mi immergo nel
mondo parallelo dei libri, scrivo pensieri su carta. Annoto il mondo. Indago e
sbircio dietro le tende chi mi circonda. Ascolto frasi, pezzi di vita
incrociate sui tram, nella metro. Sono silenziosamente insaziabile.
La malattia
di mia madre, la morte. “Ho trovato Dio,
ma è insufficiente. Io sono morto solo spiritualmente. Fisicamente sono vivo.
Moralmente sono libero. Il mondo da cui mi son staccato è un serraglio. Erompe
l’alba su di un mondo nuovo, una giungla in cui gli spiriti magri vagano con
artigli aguzzi. Se io sono una iena, sono una iena magra e affamata: vado a
ingrassarmi”.
L’abbandonarsi di
mio padre… il suo perdersi è il mio perdersi. La paura come unica fonte di
vita.
“Niente che m’era successo finora
era bastato a distruggermi; nulla era andato distrutto, se non le mie
illusioni. Io ero intatto. Il mondo era intatto. Domani poteva anche esserci la
rivoluzione, l’epidemia, il terremoto; domani poteva non restare viva un’anima
a cui volgersi per compassione, per aiuto, per fede.
A me sembrava che la grande calamità già si fosse manifestata, che io non
potevo esser più veramente solo che in quel preciso momento. Decisi che non mi
sarei attaccato a nulla, che non avrei atteso nulla, che d’ora in poi avrei
vissuto come un animale, una bestia da preda, un pirata, un predone.
Anche se dichiarassero la guerra e toccasse a me di andare, io afferrerei
la baionetta per affondarla, affondarla fino all’elsa”.
L’irrequietezza
dello spirito inizia a farsi sentire e le gambe iniziano a tremare, gli occhi
hanno bisogno di vedere orizzonti nuovi, odori nuovi, facce nuove. La fuga
diventa l’unico modo per placare l’anima.
“Quando ti si sgretola il pavimento sotto, resistere o arrenderti sono due
facce della stessa voglia di distruggerti. Per un po' ho resistito, e poi mi
sono arreso... Finché non ho pensato che c'era anche una terza strada: fuggire,
andarsene per sempre, smettere di prendersi in giro con la speranza che domani
qualcosa possa cambiare...“ Pino Cacucci, La polvere
del Messico.
L’allontanamento
per guardarsi dentro con maggior serenità. Ascoltarsi senza preconcetti.
Conoscere senza pregiudizi. Pino Cacucci
diventa il mio “spirito guida”. Il mio
alter ego scrittore.
“Siamo abituati a dare una valenza negativa al concetto di fuga; i
sussidiarii delle medie ci insegnavano che è un gesto vile, una rinuncia ad
affrontare avversità e responsabilità. La fuga è invece l'unica scelta
dignitosa quando non puoi cambiare più nulla, e non vuoi neppure lasciarti
coinvolgere, diventare complice”. Pino Cacucci, Punti di fuga.
Inizia il mio
distacco fisico dall’Italia. Dalla mia quotidianità. Dal mio conosciuto. La partenza. Il viaggio. Un
pomeriggio un libraio fantastico della Feltrinelli di Bologna, dopo una
splendida chiacchierata, mi convince a lasciare un messaggio a Cacucci. È una persona molto semplice, vedrai, ti risponderà. Scrivo 3
righe a matita su un pezzetto di carta stropicciato con il mio indirizzo mail
(avevo ancora tiscali.it). E come nelle
più classiche delle favole un giorno mi risponde. Ma io non risponderò mai a
quella mail. Fino a quando lo incontrerò in Messico (ma questa è un’altra
storia).
E allora il viaggio
continua. Si riparte. “Il punto di fuga
è quello da cui partono infinite linee: basta seguirle, per scoprire
altrettante realtà, dimensioni, mondi. Non è solo un modo per fuggire, ma anche
per capire quanto siano risibili le cose che ci sembrano assolute, se appena le
guardiamo da lontano. E tornare, serve a riguardarle da vicino con occhi
diversi”.
Il Messico “Uno di quei luoghi dove si comincia a capire
qualcosa solo quando si rinuncia a capire.” Rinunciare a capire,
rinunciare a cercare sempre di capire perché. Di cercare sempre le risposte
alle domande.
L’allontanamento
dall’Europa, da quello che fino al giorno prima pensavo la “mia terra” mi porta
a riscoprire la poesia di Calvino.
La sua visione delle città. Delle persone. L’analisi onirica della “civiltà”. “È delle città come dei sogni: tutto l'immaginabile
può essere sognato ma anche il sogno più inatteso è un rebus che nasconde un
desiderio oppure il suo rovescio, una paura. Le città come i sogni sono
costruite di desideri e di paure.”
Io sono il frutto
di una grande città. Ma ho sempre sentito che ero anche altro e che dovevo
andarlo a cercare. Per allontanarmi dai fantasmi. Per capire chi ero e,
soprattutto, chi volevo diventare. “La città non dice il suo passato, lo contiene come
le linee d’una mano, scritto negli spigoli delle vie, nelle griglie delle
finestre, negli scorrimano delle scale, nelle antenne dei parafulmini, nelle
aste delle bandiere, ogni segmento rigato a sua volta di graffi, seghettature,
intagli, svirgole.”
E poi sembra che il
mondo ti ricrolli addosso. La morte improvvisa, cattiva. La vita rifiutata. La
vita derisa e abbandonata. Il suicidio come scelta di vita. Paradosso. “A volte l’uomo
ha bisogno di affrontare la morte per capire che cosa sia la vita”.
Ma io ero viva. “Avevo il diritto di viverla, quella felicità. Non me
lo avete concesso. E allora, è stato peggio per me, peggio per voi, peggio per
tutti… Dovrei rimpiangere ciò che ho fatto? Forse. Ma non ho rimorsi. Rimpianti
sì, ma in ogni caso nessun rimorso…” In
ogni caso nessun rimorso, Pino Cacucci
Grazie alla città
ai suoi mostri e ai suoi angeli posso continuare a vivere nel mondo.
“L'inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n'è uno, è quello
che è già qui, l'inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando
insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti:
accettare l'inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il
secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e
saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo
durare, e dargli spazio.”
Sono ancora in
viaggio. Con le valigie e con lo spirito. Ho cambiato ancora continente. Africa.
Forse le mia anima è più tranquilla ma le mie gambe non hanno smesso di tremare
“Viaggiando ci s'accorge che le differenze si
perdono: ogni città va somigliando a tutte le città, i luoghi si scambiano
forma ordine distanze, un pulviscolo informe invade i continenti.” Italo Calvino, Le città invisibili
"- Allora ti
sei divertita?
- Così.
- L'hai visto, il
metrò?
- No.
- E allora, che
cosa hai fatto?
Zazie nel metrò, Queneau
La lettura e il viaggio continuano.