lunedì 27 maggio 2019

25 maggio 2017 Ramadan Mubarak!

Oggi è un giorno importante qui da noi in Marocco. Oggi é Il primo giorno effettivo di Ramadan e quindi di digiuno. Secondo la tradizione islamica, i primi versi del Corano furono rivelati al profeta Maometto proprio durante il Ramadan, nella notte di Laylat al-Qadr. I musulmani credono che in questa notte Dio perdoni ogni peccato ed esaudisca ogni desiderio, ma non avendo la certezza di quale notte si tratti esattamente, i fedeli passano tutte le notti dispari degli ultimi dieci giorni a pregare. 

In questo mese di riflessione e in questo giorno ho deciso di rispondere alla discussione che consapevolmente ho fatto nascere. Mi aspettavo scontri verbali? Si, ci sono stati. Mi aspettavo quqlcuno che prendesse le parti del « moderatore » ? si, c’é stato. Ma quello che speravo di più, e di questo non ho alcuna prova, è che anche per un minuto ci si fermasse a pensare al perchè io abbia scritto quel post.
Tra gli « amici » di Facebook ho amici veri, che amo da tutta una vita, ho amici che ho incontrato recententemente, amici passati dei quali non conosco le evoluzioni o involuzioni ed altrettanto loro di me. Ho amici che seguo perchè li trovo divertenti, ironici, filosofi, crativi o semplicemente rompicoglioni ! That’s facebook !
Come possiamo sperare in una pace mondiale (due parole che messe insieme fanno pura utopia), come possiamo pensare di fermare tutto questo odio e intolleranza se neanche noi « amici di facebook » che abbiamo avuto tutti la fortuna di nascere senza avere bombe che ci cadevano in testa, abbiamo avuto tutti l'opportunità di poter crescere come liberi pensatori (nella speranza di averla colta), essere liberi di scegliere dove iniziare una nuova vita; emigrati di lusso come nel mio caso. E soprattutto abbiamo il privilegio di poter scegliere e dire il nostro pensiero (anche se molti di noi dovrebbero imparare a tacere ogni tanto) senza essere perseguitati, incarcerati e torturati... se neanche noi che abbiamo tutto questo riusciamo a parlarci senza insultarci, senza ascoltarci e conmprendere chi è altro da noi.

Questo voleva essere il significato del moi post. Riflettere sul privilegio che abbiamo, riflettere senza chiuderci nella convinzione che « noi » siamo migliori di « loro ». Non crediamoci tolleranti perchè diciamo « non sono razzista, ma.. » (intrigante post di un’amico Do Bricchi) . Fermiamoci su quel ma. E ricominciamo tutto da capo. Che anche per noi atei, agnostici, Cristiani, Musulmani, Ebrei, Buddisti, Hinduisti, Shintoisti, Cattolici, credenti e non praticanti di tutte le religioni (sono d’accordo con te Stefania Manentiaggiustarsi una religione su misura non è essere credenti) sia un mese di digiuno dal giudicare .
Che sia un mese per ritrovare il vero significato di « pietās ».

Utilizziamo questo mese come ci chiedono tutte le religioni per astenerci dal mentire, usare un linguaggio scurrile e fare la guerra, laddove “fare la guerra” si può anche riferire all'atto di tagliare un albero. Diventiamo più devoti possibile a quanto di più sacro crediamo. Facciamo beneficenza e usiamo con coscenza I social network. Passiamo molto tempo a leggere il Corano, la Torah, la Bibbia e meditiamo. Dove volete e come volete. Vi prego genitori, usate questo mese per parlare con I vostri figli. 
Durante l'Eid, i musulmani indossano i loro vestiti migliori, partecipano in processioni religiose, si scambiano regali, passano del tempo con la loro famiglia, mangiano abbondantemente e si augurano a vicenda Eid mubarak, ovvero "buon Eid". La maggior parte dei fedeli dona soldi in beneficenza per assicurarsi che anche i meno fortunati possano festeggiare.
Vi sembra tanto spaventoso?
A tutti quelli che hanno partecipato alla mia provocazione e a tutti quelli che avranno la pazienza di leggere questo posto noioso Lorena Micaela Martinotti Katia Bibi Do Bricchi Stefania Manenti Alessia Folcio Cristina Franzetti Francesca Belluomini

venerdì 23 dicembre 2016

Salta

« Balla come se nessuno stesse guardando,
ama come se nessuno ti avesse mai ferito,
canta come se nessuno stesse ascoltando,
vivi come se il paradiso fosse sulla terra » William W. Purkey

Ed eccoci qui ad un’altro compleanno e ad un’altro anno che si chiude. Per tutte quelle persone che si siedono, riflettono e fanno bilanci, queste sono sere impegnative. Per qualcuno malinconiche, per altre solo un giorno come un altro. Seduti sul divano con la coperta sulle gambe, magari sorseggiando un bicchiere di vino, nel tuo caso forse una calda tisana, si ritorna indietro con la memoria, si pensa e si riflette a quello che si è fatto, detto, scelto, deciso e vissuto. 
Ma io, persona profondamente maliconica, che i bilanci non li sa fare e, soprattutto, che non sta scrivendo di sera con la coperta sulle gambe, penso solamente a tutte le infinità di cose che si possono fare da domani in poi. 
E allora  più che ad un anno che si chiude, più che all’età che avanza, ai dolori alla schiena e all’aumentare delle piccole rughette intorno agli occhi e alle palpebre che non sanno sfidare la forza di gravità, ma ovviamente questo non è il tuo caso, penso solamente all’anno che verrà. Ai 365 giorni di sole che possiamo utilizzare per pianificare i nostri sogni e guardare oltre l’orizzonte. 
Ed è questo che auguro a te Alice. Ti auguro di saper guardare sempre  l’ orizzonte con occhi curiosi. Di non averne paura. Ti auguro di guardare il tuo immediato futuro e, massi’ dai, anche ad un futuro un  popiù in là con la certezza che quei 365 giorni saranno le pagine bianche di un libro che ancora dovrai scrivere e che emozione poterle sporcare d’inchiostro. Aggiungere capitoli nuovi, respirare nuovi odori, toccare cose nuove e di continuare a vivere.  
Perchè la cosa che più ti auguro Alice è di avere il coraggio di rimanere sempre te stessa, perchè « tutto il resto è già stato preso ». Ti auguro di non avere paura di scegliere e non aver paura di cadere. 
Perchè come dice il grande Mathieu Kassovitz  « fino a qui tutto bene,fino a qui tutto bene,fino a qui tutto bene,il problema non è la caduta ma l’atterraggio ». Eh si, ti auguro anche di cadere Alice. E solo allora capirai che anche se si atterra nel fango e ci si sporca un po, vivere è la cosa più rara e sorprendente al mondo. Anche se ci rialziamo tutte arruffate. 
Non omologarti Alice a chi ti sta intorno. Osserva, immagazina, pondera e scegli. 
« La maggior parte della gente esiste e nulla più »Tu, sii te stessa, sempre. Vivi. Queste parole non sono un’incitamento al cambio forzato, non ti sto lasciando messaggi che devi cogliere tra le righe, perché è vero ; non sempre cambiare equivale a migliorare, ma per migliorare bisogna cambiare ed è qui che ritorna la curiosità. 
Fai un gran respiro e salta. 
Non stancarti mai. Non stiamo parlando di cose facili me ne rendo conto. 
Tanto tempo fa una persona mi disse di non fare dei miei sogni un desiderio, ma di farne una scelta. E credo che la differenza stia tutta li. Nel riconoscere una cosa a cui si è abituati da un'altra che ci piacerebbe conoscere. Scegliere. Che meravigliosa opportunità la scelta, non credi ? Questo é quello che ti auguro Alice. 
Mi sono dilungata, volevo essere più concisa. Forse impossibile per me. Inizio tre discorsi contemporaneamente e mi perdo. In questi quindici anni, nella data del tuo compleanno penso alla fortuna che ho avuto di incontrarti e di poterti conoscere… e si, alla pazienza hai avuto con me « L'incontro di due personalità è come il contatto tra due sostanze chimiche; se c'è una qualche reazione, entrambi ne vengono trasformati » e tu lo hai fatto.
Si vede che amo le citazioni vero ? e allora concludo…

« Dovete trovare le vostre passioni, e questo è vero tanto per il vostro findanzato che per il vostro lavoro. Il vostro lavoro occuperà una parte rilevante delle vostre vite, e l’unico modo per esserne davvero soddisfatti sarà fare un gran bel lavoro. E l’unico modo di fare un gran bel lavoro è amare quello che fate. Se non avete ancora trovato ciò che fa per voi, continuate a cercare, non fermatevi, come capita per le faccende di cuore, saprete di averlo trovato non appena ce l’avrete davanti. E, come le grandi storie d’amore, diventerà sempre meglio col passare degli anni. Quindi continuate a cercare finché non lo trovate. Non accontentatevi » Steve Jobs
Buon compleanno.

Essaouira, Marocco


domenica 4 dicembre 2016

la vita, i libri

“Siete buffi, voialtri” dice Zazie. “Non sapete mai bene quel che pensate. Dev’essere faticoso. È per questo che tanto spesso avete quell’aria seria?” Raymond Queneau, Zazie nel Metró

"Trouscaillon e la vedova Mouaque avevano già fatto un po' di strada lentamente, l'uno accanto all'altra, ma sempre dritto davanti a sé e per di più in silenzio , quando s'accorsero di star camminando l'uno accanto all'altra lentamente ma sempre dritto davanti a sé e per di più in silenzio. Allora si guardarono e sorrisero: i cuori avevano parlato. Rimasero a fissarsi, chiedendosi che cosa avrebbero potuto dirsi e in quale lingua esprimerlo."

"A questo punto rimasero silenziose, paurose, dubbiose. Il tempo passava fra loro due senza fretta".

"- La vita. Certe volte pare un sogno. [...] - Che diarrea, l'esistenza".

I libri sono sempre stati importanti nella mia vita. L’esistenza magica e complicata. I libri ne scandiscono il tempo, l’intensità e l’umore. Non sono sicura che riuscirò ad essere schematica e selettiva. Io non so scegliere. E allora vado d’istinto. Di ricordi e di umore. Molti libri meriterebbero essere citati, e ognuno di essi mi richiama ad un altro. Una bellissima storia senza fine.

“Abbiamo tutti dentro un mondo di cose: ciascuno un suo mondo di cose! E come possiamo intenderci, signore, se nelle parole ch'io dico metto il senso e il valore delle cose come sono dentro di me; mentre chi le ascolta, inevitabilmente le assume col senso e col valore che hanno per sé, del mondo com'egli l'ha dentro? Crediamo di intenderci; non ci intendiamo mai!“ 
Pirandello, Sei personaggi in cerca d’autore.

Una fase della vita dove iniziavo a confrontarmi con il gli altri (chi è altro da se) cercando di capire la comunicazione dei sentimenti.  Lo sconforto dell’incapacità di esternare la propria me stessa che, ovviamente, non avevo ancora trovato. L’entrata nel mondo della possibilità di scegliere è stato per me estremamente faticoso. Eternamente combattuta tra il “me” e il  “si aspettano da me”.

“Trovarsi davanti a un pazzo sapete che significa? Trovarsi davanti a uno che vi scrolla dalle fondamenta tutto quanto avete costruito in voi, attorno a voi, la logica, la logica di tutte le vostre costruzioni!” Enrico IV

“Questa cosa orribile, che fa veramente impazzire: che se siete accanto a un altro, e gli guardate gli occhi [...] potete figurarvi come un mendico davanti ad una porta in cui non potrà mai entrare: chi vi entra, non sarete mai voi, col vostro mondo dentro, come lo vedete e lo toccate; ma uno ignoto a voi, come quell’altro nel suo mondo impenetrabile vi vede e vi tocca.”
L’adolescenza è una strana fase della vita. I complicati dubbi, le incrollabili certezze. La spavalderia ostentata e la celata timidezza. Adolescenza dove ogni emozione ti distrugge o ti esalta e allora Henry Miller, Tropico del Cancro  diventa come un romanzo uscito dalla mia pelle.

Come se qualcuno, chissà dove chissà come, avesse messo nero su bianco i miei pensieri. L’ho divorato.  “Bisogna intrufolarsi nella vita per mettere su carne. Il mondo deve diventare carne; l’anima ha sete”.  

Mi immergo nel mondo parallelo dei libri, scrivo pensieri su carta. Annoto il mondo. Indago e sbircio dietro le tende chi mi circonda. Ascolto frasi, pezzi di vita incrociate sui tram, nella metro. Sono silenziosamente insaziabile. 
La malattia di mia madre, la morte. “Ho trovato Dio, ma è insufficiente. Io sono morto solo spiritualmente. Fisicamente sono vivo. Moralmente sono libero. Il mondo da cui mi son staccato è un serraglio. Erompe l’alba su di un mondo nuovo, una giungla in cui gli spiriti magri vagano con artigli aguzzi. Se io sono una iena, sono una iena magra e affamata: vado a ingrassarmi”.

L’abbandonarsi di mio padre… il suo perdersi è il mio perdersi. La paura come unica fonte di vita.

 “Niente che m’era successo finora era bastato a distruggermi; nulla era andato distrutto, se non le mie illusioni. Io ero intatto. Il mondo era intatto. Domani poteva anche esserci la rivoluzione, l’epidemia, il terremoto; domani poteva non restare viva un’anima a cui volgersi per compassione, per aiuto, per fede.

A me sembrava che la grande calamità già si fosse manifestata, che io non potevo esser più veramente solo che in quel preciso momento. Decisi che non mi sarei attaccato a nulla, che non avrei atteso nulla, che d’ora in poi avrei vissuto come un animale, una bestia da preda, un pirata, un predone.

Anche se dichiarassero la guerra e toccasse a me di andare, io afferrerei la baionetta per affondarla, affondarla fino all’elsa”.

L’irrequietezza dello spirito inizia a farsi sentire e le gambe iniziano a tremare, gli occhi hanno bisogno di vedere orizzonti nuovi, odori nuovi, facce nuove. La fuga diventa l’unico modo per placare l’anima.

“Quando ti si sgretola il pavimento sotto, resistere o arrenderti sono due facce della stessa voglia di distruggerti. Per un po' ho resistito, e poi mi sono arreso... Finché non ho pensato che c'era anche una terza strada: fuggire, andarsene per sempre, smettere di prendersi in giro con la speranza che domani qualcosa possa cambiare...“ Pino Cacucci, La polvere del Messico.

L’allontanamento per guardarsi dentro con maggior serenità. Ascoltarsi senza preconcetti. Conoscere senza pregiudizi. Pino Cacucci diventa il mio “spirito guida”.  Il mio alter ego scrittore.

“Siamo abituati a dare una valenza negativa al concetto di fuga; i sussidiarii delle medie ci insegnavano che è un gesto vile, una rinuncia ad affrontare avversità e responsabilità. La fuga è invece l'unica scelta dignitosa quando non puoi cambiare più nulla, e non vuoi neppure lasciarti coinvolgere, diventare complice”. ‎ Pino Cacucci, Punti di fuga.

Inizia il mio distacco fisico dall’Italia. Dalla mia quotidianità.  Dal mio conosciuto. La partenza. Il viaggio. Un pomeriggio un libraio fantastico della Feltrinelli di Bologna, dopo una splendida chiacchierata, mi convince a lasciare un messaggio a Cacucci. È una persona molto semplice, vedrai, ti risponderà. Scrivo 3 righe a matita su un pezzetto di carta stropicciato con il mio indirizzo mail (avevo ancora tiscali.it).  E come nelle più classiche delle favole un giorno mi risponde. Ma io non risponderò mai a quella mail. Fino a quando lo incontrerò in Messico (ma questa è un’altra storia).

E allora il viaggio continua. Si riparte. “Il punto di fuga è quello da cui partono infinite linee: basta seguirle, per scoprire altrettante realtà, dimensioni, mondi. Non è solo un modo per fuggire, ma anche per capire quanto siano risibili le cose che ci sembrano assolute, se appena le guardiamo da lontano. E tornare, serve a riguardarle da vicino con occhi diversi”.

Il Messico “Uno di quei luoghi dove si comincia a capire qualcosa solo quando si rinuncia a capire.” Rinunciare a capire, rinunciare a cercare sempre di capire perché. Di cercare sempre le risposte alle domande.

L’allontanamento dall’Europa, da quello che fino al giorno prima pensavo la “mia terra” mi porta a riscoprire la poesia di Calvino. La sua visione delle città. Delle persone. L’analisi onirica della “civiltà”. “È delle città come dei sogni: tutto l'immaginabile può essere sognato ma anche il sogno più inatteso è un rebus che nasconde un desiderio oppure il suo rovescio, una paura. Le città come i sogni sono costruite di desideri e di paure.”

Io sono il frutto di una grande città. Ma ho sempre sentito che ero anche altro e che dovevo andarlo a cercare. Per allontanarmi dai fantasmi. Per capire chi ero e, soprattutto, chi volevo diventare.  “La città non dice il suo passato, lo contiene come le linee d’una mano, scritto negli spigoli delle vie, nelle griglie delle finestre, negli scorrimano delle scale, nelle antenne dei parafulmini, nelle aste delle bandiere, ogni segmento rigato a sua volta di graffi, seghettature, intagli, svirgole.”

E poi sembra che il mondo ti ricrolli addosso. La morte improvvisa, cattiva. La vita rifiutata. La vita derisa e abbandonata. Il suicidio come scelta di vita. Paradosso.  “A volte l’uomo ha bisogno di affrontare la morte per capire che cosa sia la vita”.

Ma io ero viva. “Avevo il diritto di viverla, quella felicità. Non me lo avete concesso. E allora, è stato peggio per me, peggio per voi, peggio per tutti… Dovrei rimpiangere ciò che ho fatto? Forse. Ma non ho rimorsi. Rimpianti sì, ma in ogni caso nessun rimorso…” In ogni caso nessun rimorso, Pino Cacucci

Grazie alla città ai suoi mostri e ai suoi angeli posso continuare a vivere nel mondo.

“L'inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n'è uno, è quello che è già qui, l'inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l'inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio.”

Sono ancora in viaggio. Con le valigie e con lo spirito. Ho cambiato ancora continente. Africa. Forse le mia anima è più tranquilla ma le mie gambe non hanno smesso di tremare “Viaggiando ci s'accorge che le differenze si perdono: ogni città va somigliando a tutte le città, i luoghi si scambiano forma ordine distanze, un pulviscolo informe invade i continenti.” Italo Calvino, Le città invisibili

"- Allora ti sei divertita?
- Così.
- L'hai visto, il metrò?
- No.
- E allora, che cosa hai fatto?
- Sono invecchiata".
Zazie nel metrò, Queneau


La lettura e il viaggio continuano.

domenica 15 giugno 2014

Milano, dopo tre anni. Maggio 2014

Si dice che il tempo cancella i ricordi  o forse li sfuma. A volte, credo, li mette solo in un angolo. 

Milano l'ho ritrovata come nei miei pensieri, timida e bella, caotica e nervosa, segreta e dolcissima. Di quella bellezza che solo i milanesi riconoscono come propria e che non riescono a levarsi di dosso. Perché Milano, come diceva qualcuno, é come una vecchia signora, che si lascia scoprire poco alla volta. Se ne hai voglia..o se hai pazienza. 

Ho sempre viva dentro di me la sensazione che ho provato quando ho capito che volevo lasciarla. Che non la capivo piú. Non mi aveva delusa o ferita, semplicemente stava cambiando, e io con lei. 

La sensazione di smarrimento e di assenza iniziavano ad essere troppo pesanti per il mio sempre fragile equilibrio, e cosí un giorno di primavera l'ho lasciata. Sono passati cinque anni e non mi sono mai pentita della scelta fatta ma tornarci, adesso, é come se mi si riaprisse il cancello di casa davanti. Casa mia. 

Mi sono sempre sentita milanese con tutte le contraddizioni e i luoghi comuni, veri o falsi, che una parola puó raccogliere ma oggi mi domando se lo ero veramente. Era questo il mio vero io? La città che vivevo e amavo era veramente il mio modo di essere? Io ero cosí? Recitavo? o o mi facevo ubriacare dalla sua frenesia e dalle molteplici opportunità, dalle sue bellezze, le sue luci...

Perchè quando sono a casa, la mia nuova casa messicana, mi sento differente. Perché i ritmi, i colori, la mia vita é completamente cambiata. Perché l'azzurro é di un azzurro meraviglioso e la terra la senti quando cammini per la strada e l'orizzonte é più in la di ogni immaginazione.

Ma mi sento ancora al davanzale di un balcone osservando quello che succede nella piazza di fronte. Mi sento presente, non mi sento estranea, solo osservo e sento e cerco di capire se veramente apparteniamo a qualche mondo. Se c'é un luogo al quale apparteniamo o siamo noi che dobbiamo farlo nostro.

E sorrido. Perchè é la stessa sensazione e la stessa domanda che mi facevo prima di prendere la decisione di fare le valige e lasciare Milano; ma sono io tutto questo? 

Non lo sapevo certamente allora e certamente non lo so nemmeno oggi. Ma continuo ad osservare, e sentire, e cercare di capire e vedo quanto le persone si dividono e si somiglino anche a migliaia di km di distanza e non lo sanno. Pensando di essere diversi, peggiori o migliori, piú sfortunati o fortunati. Penso a quanto sarebbe importante poter far sentire quest'emozione ad ogni abitante del pianeta.  

Fargli vedere che fuori dal prorio cortile, dal proprio quartiere, cittá, regione e stato il suo vicino ha le stesse  sue paure le stesse sue gioie. E ride e piange esattamente come lui. Desidera come lui di camminare tranquillamente per le strade e guardare cose belle intorno a se. Riposarsi sotto un bellissimo albero o visitare un museo o semplicemente guardare il cielo. 

Poter dire no, non voglio, quando vuole. Accorgersi, fuori da tutta questa confusione, da tutto questo bmbardamento di finte necessitá, che tutto sommato quello che abbiamo ci basta giá. Hanno fatto in modo di renderci sempre piú insodisfatti di non riuscire ad accontentarci mai, a farci dubitare e guardare con distacco il nostro vicino perché lui ha un lavoro magari sottopagato e a te hanno lasciato a casa, o riesce ad avere un sussidio un "privilegio" (o é un diritto?) che credi  abbiamo tolto a te. 

Hanno fatto in modo che si desideri di andare via perché la tua cittá te la stanno togliendo perché non riesci piú a desiderare veramente e decidere delle tue prioritá perché te le impongono loro. Ma dentro di te, se riesci a fermarti, lo sai che quel "loro" sei anche tu. Lo sai che tutto questo sei anche tu e che questo lo hai creato anche tu. Che anche tu sei lo sbaglio nel quale vivi.  

Questa indifferenza nel sorriderci, nel non guardare negli occhi uno sconosciuto e semplicemente augurargli un buon giorno o al vicino che incontri in ascensore tutti i giorni... l'hai costruita anche tu quando ti sei distratto, quando non sei andato a votare o ci sei andato senza informarti veramente senza avere dei dubbi e senza farti delle domande.

L'abbiamo voluto anche noi quando abbiamo iniziato a costruirci delle false vite sempre up-to-date quando abbiamo confuso il vero privilegio di accedere ad una rete internet o di avere un passaporto che non richiede visti speciali per decidere dove andare o di accedere a delle strutture mediche ed educative pur non possedendo conti correnti a molti zeri. Non l'abbiamo ancora capito che siamo fortunati?

domenica 27 ottobre 2013

2011-11

io non so se il dolore e' qualcosa di privato.
io non so se ho ancora capito il dolore.
forse e' la testa vuota dove i pensieri non hanno una direzione logica... dove le emozioni sono confuse e metterle in fila, in ordine ti riesce impossibile.. dove le immagini della mente non si fermano. 
dove non riesci ad esprimere con il corpo quello che e' il tuo dentro.
camminare. 
le gambe si muovono da sole. impossibile tenerle ferme.
pensieri...vino 
sto bevendo vino
penso a Cristian a Mattia...
lo sentirò freddo non lo voglio sentir freddo..
voglio il suo odore il mio odore.
mio padre.
ha fatto bene?
ha fatto bene.
lo voleva? ..e allora ha fatto bene.
lui deve decidere.
lui deve stare tranquillo.
lui e' il nostro amore.
il mio amore.
mio padre.
io sono lui.
non l'ho sognato.
perché???
strano
ho sempre sentito quando stava male....
e' per questo.
forse stava bene
era sereno.
finalmente.
una cosa.
ci hanno rotto i coglioni per 2011 anni sull'aldilà'...
che almeno esista per ieri..
per oggi...
che veda la Marta
che si rivedano

era il suo unico pensiero. mia madre

martedì 25 giugno 2013

San Luis Potosi', giugno 2013

Ci sono posti che li senti d'istinto. A volte anche solo dal nome. E allora non basta una bella giornata di sole o una giornata di pioggia non si deve trasformare in una scusa. Non è il tuo posto. 
A SLP non gli ho dato grandi chance, colpa anche il forte attacco di cervicale della mattina. E allora ho cercato solo un hotel con un letto comodo e dei cuscini perfetti e una doccia con una super pressione dell'acqua. 
Il giro d'ispezione è stato decisamente superficiale dedicato mas que nada a trovare un mercato dove comprare frutta per la colazione e per il viaggio di domani che, nella mia mente, già si sta creando il suo bel posticino. 

Dopo l'ennesima chiesa francescana e il terzo museo delle maschere decido che il mercato sia decisamente più interessante e confacente alle mie esigenze. E allora lo spirito del viaggiatore ti aiuta e ti viene in soccorso e mentre ti fermi per chiedere indicazioni,e non riponi molte aspettative nella risposta, incontro una carinissima signora che decide di accompagnarmi. 

Inutile il mio tentativo di farla desistere no quiero molestarla, ha borsa a tracolla e le mani impegnate con due borse della spesa....e insiste. Lei ha studiato italiano l'anno prima, ma poi il corso è stato cancellato per defezioni. Ha iniziato per caso, l'Italia le è sempre piaciuta, poi un giorno passa d'avanti alla  casa della cultura e vede l'annuncio: 3 mesi 1.500pesos. E così comincia. Devo ammettere che la signora ha un ottima memoria e così per i 10minuti di percorso chiacchieriamo in  in italiano.  

Comprata la frutta e lo yogurt, ed esaurito i corridoi del mercato al coperto, decido di ritornare in hotel per testare la pressione della doccia e decisa a non alzarmi dal letto fino all'indomani son già proiettata al deserto. E poi la mia consueta indecisione prende il sopravvento ed esco. 
Scatto una foto prima di entrare in ascensore (sono all'ottavo piano. E' anni che non dormo così in alto. Non è vero NYC...vabbè allora diciamo in Messico) e te la mando. 

L'aria perfetta mi risveglia l'animo e cammino senza direzione e zenza meta aspettando di farmi convincere da qualche ristorante ad entrare. E' strano ma non ho molta fame. E poi sento suonare decisamente molto bene una canzone dei Red Hot Chily Pepper, coi titoli non  sono mai stata molto brava, sorrido, avanzo...mi fermo...torno indietro...ascolto. Suonano troppo bene e mi è tornata la fame, anche se so  he non mi è mai andata via. 
Sono proprio bravi ma, sfortunatamente, la Casa del Rock non da da mangiare e allora aspetto la fine. Canticchio tra me e me e ricomincio a gironzolare. E' la notte della musica, sono su questa onda; Manu Chau, cerveceria y restaurante. Este es mi lugar. 

Lo spiritello del viaggiatore ha consigliato bene scelgo un riquissimo portobello con queso panela e un burrito...sorseggio birra e ascoltando le parole di Manu Chau mi torna l'ispirazione.

venerdì 18 maggio 2012


parlami come il vento fra gli alberi 
parlami come il cielo con la sua terra 
non ho difese ma 
ho scelto di essere libera 
adesso è la verità l'unica cosa che conta 
dimmi se farai qualcosa,
se mi stai sentendo
se vrai cura di tutto quello che ti ho dato
dimmi
siamo nella stessa lacrima, 

come un sole e una stella
luce che cade dagli occhi, sui tramonti della mia terra su nuovi giorni
ascoltami
ora so piangere
so che ho bisogno di te
non ho mai saputo fingere 
ti sento vicino 
il respiro non mente
in tanto dolore
niente di sbagliato
niente, niente...
il sole mi parla di te... mi stai ascoltando?
ora la luna mi parla di te... 

avrò cura di tutto quello che mi hai dato...
anche se dentro una lacrima, come un sole e una stella
luce che cade dagli occhi sui tramonti della mia terra
su nuovi giorni in una lacrima come un sole e una stella
siamo luce che cade dagli occhi sui tramonti della mia terra
su nuovi giorni

"I libri conoscevano le mie pene, i bisogni, gli scontenti. I libri insegnano ai ricordi, li fanno camminare. 
Li ho letti per intero, non ne ho lasciato nessuno a mezzo, per quanto fosse deludente o presuntuoso l’ho seguito fino all’ultima linea.
Perché è stato bello per me girare la pagina letta e portare lo sguardo in alto a sinistra, dove la storia continuava."
Erri De Luca

martedì 13 marzo 2012

milano..novembre duemilaundici

in questi giorni mi sono domandata se esite una differenza nel dolore, nel sentirlo. e' una domanda che mi si agita nella mente perche' ancora sono in un limbo ovattato dove non provo nessun tipo di sentimento. mi sento vuota. 
dove il vuoto e' infinito e senza luce. non dovrei neanche pensarci. non dovrei cercare di razionalizzare anche il dolore. il vuoto. il vuoto e' nulla. e il nulla non esiste, non ha bisogno di essere razionalizzato. dovrei smetterla di farmi domande. fermarmi e ascoltare. ascoltare il ritmo del mio cuore. sentire il sangue che mi scorre nelle vene. 

forse ho paura proprio di questo. forse ho paura di sentire quello che sento davvero. ho la sensazione di essere seduta su una bomba ad orologeria...ne sento il tic tac...e so che questa bomba sono io. 

com'e' difficile, enormemente difficile trovare una logica  e un senso al mio dolore. sono ancora in stand-by. controllata. razionale. ho gia' conosciuto la morte, ho gia' ragionato sulla perdita, ho gia' percorso la terra del bho!? so che tutto ha una fine. ho sempre creduto in un laico inizio e ho sempre vissuto l'immortalita' dei ricordi...

ci sono stati momenti sospesi dove per un secondo ho creduto che il tempo si fosse fermato; primo febbraio duemilatre.pause interminabili durate un leggerissimo soffio tra respiri di un corpo che si spegneva da dentro. frazioni di secondi galleggianti in un tempo che non era quantificabile. dove il non senso ti appare reale e il miracolo e' la tua unica speranza. 

in e out. tic tac. dove ad ogni in credi in una pausa bugiarda ma sai che e' solo il preludio della fine. pause sempre piu' lunghe fino a quando il tempo e' scaduto del tutto.e una parte di te non tornera' mai piu'. 

mi sto chiedendo se ci si puo' accorgere che una pausa sta diventando una fine. ci sono malattie che sono solo pause. corridoi verso un qualcosa che non possiamo controllare...qualsiasi sforzo facciamo. ci sono pause che non riusciamo a riconoscere. mio padre l'ha scelta la sua pausa. 

forse e' iniziata molto lontano. sicuramente e' nata molto prima di chiunque se ne potesse accorgere. 

diamo il nome di depressione ad una malattia molto piu' subdola di ogni tumore...diamo nomi ad ogni cosa per trovarci poi delle spiegazioni...ne abbiamo bisogno. goccioline che hanno scavato dentro lentamente. hanno creato voragini talemete grandi che quando sono state visibili ... non eravamo pronti. 

avremmo mai potuto essere pronti? potevo accorgermene? 
cazzo questa e' la domanda che mi rimbalza dentro. 

io purtroppo non credo ad un aldila'. io ho sempre visto la morte come ad una fine. punto. l'ho sempre pensata come la fine di un qualsiasi dolore. ma se ti rendi conto di non soffrire piu', se capisci che il tuo essere carne ha smesso di essere sulla terra accanto ad altri corpi..allora ...forse qualcosa ci sara'... se e' vero che la vita ci riserva delle sorprese ce le puo' riservare anche la morte? forse il pensiero di coscienza, di pace definitiva ci aiuta da vivi? qui?adesso?a mettere in ordine dentro. senza accumulare, o almeno cercare, di vivere senza portarsi montagne sulle spalle?

sto cercando una spiegazione razionale al suo gesto. quante volte gli ho urlato addosso la sua disperazione. la mia. ovattata nella mia ottusita' di figlia innamorata di un padre invincibile. lui e' stato la piu' grande sorpresa della mia vita. 

ci hai fottuti. tutti. 

ho cercato segnali in casa. ho rovistato nei sui cassetti. ho guardato dentro le tasche dei suoi pantaloni. ho chiesto al medico, l'ultimo che lo aveva in cura i risultati dei testi quasi mi aspettassi di leggere, di intravedere qualcosa che neanche loro avessero visto. sempre con la stucchevole presunzione di capirlo meglio di chiunque altro. 
non questa volta. 
o forse mai. 
ha fregato anche me. 
la sua bambina.

quanto stavi male papa'. quanto hai dovuto lottare , fingere, cadere, rialzarti ... sempre con piu' fatica. quanto hai cercato di urlare. urla mute che ti rimbalzavano dentro insopportabii. che maschera hai dovuto portare per tutti questi hanni. che folle fatica che hai fatto. 

dammi del tempo papa'.
dammi del tempo per non essere ancora arrabbiata con me. 
so che non l'avresti mai voluto. riposa in pace papa'. 
saluta la mamma.