venerdì 23 dicembre 2016

Salta

« Balla come se nessuno stesse guardando,
ama come se nessuno ti avesse mai ferito,
canta come se nessuno stesse ascoltando,
vivi come se il paradiso fosse sulla terra » William W. Purkey

Ed eccoci qui ad un’altro compleanno e ad un’altro anno che si chiude. Per tutte quelle persone che si siedono, riflettono e fanno bilanci, queste sono sere impegnative. Per qualcuno malinconiche, per altre solo un giorno come un altro. Seduti sul divano con la coperta sulle gambe, magari sorseggiando un bicchiere di vino, nel tuo caso forse una calda tisana, si ritorna indietro con la memoria, si pensa e si riflette a quello che si è fatto, detto, scelto, deciso e vissuto. 
Ma io, persona profondamente maliconica, che i bilanci non li sa fare e, soprattutto, che non sta scrivendo di sera con la coperta sulle gambe, penso solamente a tutte le infinità di cose che si possono fare da domani in poi. 
E allora  più che ad un anno che si chiude, più che all’età che avanza, ai dolori alla schiena e all’aumentare delle piccole rughette intorno agli occhi e alle palpebre che non sanno sfidare la forza di gravità, ma ovviamente questo non è il tuo caso, penso solamente all’anno che verrà. Ai 365 giorni di sole che possiamo utilizzare per pianificare i nostri sogni e guardare oltre l’orizzonte. 
Ed è questo che auguro a te Alice. Ti auguro di saper guardare sempre  l’ orizzonte con occhi curiosi. Di non averne paura. Ti auguro di guardare il tuo immediato futuro e, massi’ dai, anche ad un futuro un  popiù in là con la certezza che quei 365 giorni saranno le pagine bianche di un libro che ancora dovrai scrivere e che emozione poterle sporcare d’inchiostro. Aggiungere capitoli nuovi, respirare nuovi odori, toccare cose nuove e di continuare a vivere.  
Perchè la cosa che più ti auguro Alice è di avere il coraggio di rimanere sempre te stessa, perchè « tutto il resto è già stato preso ». Ti auguro di non avere paura di scegliere e non aver paura di cadere. 
Perchè come dice il grande Mathieu Kassovitz  « fino a qui tutto bene,fino a qui tutto bene,fino a qui tutto bene,il problema non è la caduta ma l’atterraggio ». Eh si, ti auguro anche di cadere Alice. E solo allora capirai che anche se si atterra nel fango e ci si sporca un po, vivere è la cosa più rara e sorprendente al mondo. Anche se ci rialziamo tutte arruffate. 
Non omologarti Alice a chi ti sta intorno. Osserva, immagazina, pondera e scegli. 
« La maggior parte della gente esiste e nulla più »Tu, sii te stessa, sempre. Vivi. Queste parole non sono un’incitamento al cambio forzato, non ti sto lasciando messaggi che devi cogliere tra le righe, perché è vero ; non sempre cambiare equivale a migliorare, ma per migliorare bisogna cambiare ed è qui che ritorna la curiosità. 
Fai un gran respiro e salta. 
Non stancarti mai. Non stiamo parlando di cose facili me ne rendo conto. 
Tanto tempo fa una persona mi disse di non fare dei miei sogni un desiderio, ma di farne una scelta. E credo che la differenza stia tutta li. Nel riconoscere una cosa a cui si è abituati da un'altra che ci piacerebbe conoscere. Scegliere. Che meravigliosa opportunità la scelta, non credi ? Questo é quello che ti auguro Alice. 
Mi sono dilungata, volevo essere più concisa. Forse impossibile per me. Inizio tre discorsi contemporaneamente e mi perdo. In questi quindici anni, nella data del tuo compleanno penso alla fortuna che ho avuto di incontrarti e di poterti conoscere… e si, alla pazienza hai avuto con me « L'incontro di due personalità è come il contatto tra due sostanze chimiche; se c'è una qualche reazione, entrambi ne vengono trasformati » e tu lo hai fatto.
Si vede che amo le citazioni vero ? e allora concludo…

« Dovete trovare le vostre passioni, e questo è vero tanto per il vostro findanzato che per il vostro lavoro. Il vostro lavoro occuperà una parte rilevante delle vostre vite, e l’unico modo per esserne davvero soddisfatti sarà fare un gran bel lavoro. E l’unico modo di fare un gran bel lavoro è amare quello che fate. Se non avete ancora trovato ciò che fa per voi, continuate a cercare, non fermatevi, come capita per le faccende di cuore, saprete di averlo trovato non appena ce l’avrete davanti. E, come le grandi storie d’amore, diventerà sempre meglio col passare degli anni. Quindi continuate a cercare finché non lo trovate. Non accontentatevi » Steve Jobs
Buon compleanno.

Essaouira, Marocco


domenica 4 dicembre 2016

la vita, i libri

“Siete buffi, voialtri” dice Zazie. “Non sapete mai bene quel che pensate. Dev’essere faticoso. È per questo che tanto spesso avete quell’aria seria?” Raymond Queneau, Zazie nel Metró

"Trouscaillon e la vedova Mouaque avevano già fatto un po' di strada lentamente, l'uno accanto all'altra, ma sempre dritto davanti a sé e per di più in silenzio , quando s'accorsero di star camminando l'uno accanto all'altra lentamente ma sempre dritto davanti a sé e per di più in silenzio. Allora si guardarono e sorrisero: i cuori avevano parlato. Rimasero a fissarsi, chiedendosi che cosa avrebbero potuto dirsi e in quale lingua esprimerlo."

"A questo punto rimasero silenziose, paurose, dubbiose. Il tempo passava fra loro due senza fretta".

"- La vita. Certe volte pare un sogno. [...] - Che diarrea, l'esistenza".

I libri sono sempre stati importanti nella mia vita. L’esistenza magica e complicata. I libri ne scandiscono il tempo, l’intensità e l’umore. Non sono sicura che riuscirò ad essere schematica e selettiva. Io non so scegliere. E allora vado d’istinto. Di ricordi e di umore. Molti libri meriterebbero essere citati, e ognuno di essi mi richiama ad un altro. Una bellissima storia senza fine.

“Abbiamo tutti dentro un mondo di cose: ciascuno un suo mondo di cose! E come possiamo intenderci, signore, se nelle parole ch'io dico metto il senso e il valore delle cose come sono dentro di me; mentre chi le ascolta, inevitabilmente le assume col senso e col valore che hanno per sé, del mondo com'egli l'ha dentro? Crediamo di intenderci; non ci intendiamo mai!“ 
Pirandello, Sei personaggi in cerca d’autore.

Una fase della vita dove iniziavo a confrontarmi con il gli altri (chi è altro da se) cercando di capire la comunicazione dei sentimenti.  Lo sconforto dell’incapacità di esternare la propria me stessa che, ovviamente, non avevo ancora trovato. L’entrata nel mondo della possibilità di scegliere è stato per me estremamente faticoso. Eternamente combattuta tra il “me” e il  “si aspettano da me”.

“Trovarsi davanti a un pazzo sapete che significa? Trovarsi davanti a uno che vi scrolla dalle fondamenta tutto quanto avete costruito in voi, attorno a voi, la logica, la logica di tutte le vostre costruzioni!” Enrico IV

“Questa cosa orribile, che fa veramente impazzire: che se siete accanto a un altro, e gli guardate gli occhi [...] potete figurarvi come un mendico davanti ad una porta in cui non potrà mai entrare: chi vi entra, non sarete mai voi, col vostro mondo dentro, come lo vedete e lo toccate; ma uno ignoto a voi, come quell’altro nel suo mondo impenetrabile vi vede e vi tocca.”
L’adolescenza è una strana fase della vita. I complicati dubbi, le incrollabili certezze. La spavalderia ostentata e la celata timidezza. Adolescenza dove ogni emozione ti distrugge o ti esalta e allora Henry Miller, Tropico del Cancro  diventa come un romanzo uscito dalla mia pelle.

Come se qualcuno, chissà dove chissà come, avesse messo nero su bianco i miei pensieri. L’ho divorato.  “Bisogna intrufolarsi nella vita per mettere su carne. Il mondo deve diventare carne; l’anima ha sete”.  

Mi immergo nel mondo parallelo dei libri, scrivo pensieri su carta. Annoto il mondo. Indago e sbircio dietro le tende chi mi circonda. Ascolto frasi, pezzi di vita incrociate sui tram, nella metro. Sono silenziosamente insaziabile. 
La malattia di mia madre, la morte. “Ho trovato Dio, ma è insufficiente. Io sono morto solo spiritualmente. Fisicamente sono vivo. Moralmente sono libero. Il mondo da cui mi son staccato è un serraglio. Erompe l’alba su di un mondo nuovo, una giungla in cui gli spiriti magri vagano con artigli aguzzi. Se io sono una iena, sono una iena magra e affamata: vado a ingrassarmi”.

L’abbandonarsi di mio padre… il suo perdersi è il mio perdersi. La paura come unica fonte di vita.

 “Niente che m’era successo finora era bastato a distruggermi; nulla era andato distrutto, se non le mie illusioni. Io ero intatto. Il mondo era intatto. Domani poteva anche esserci la rivoluzione, l’epidemia, il terremoto; domani poteva non restare viva un’anima a cui volgersi per compassione, per aiuto, per fede.

A me sembrava che la grande calamità già si fosse manifestata, che io non potevo esser più veramente solo che in quel preciso momento. Decisi che non mi sarei attaccato a nulla, che non avrei atteso nulla, che d’ora in poi avrei vissuto come un animale, una bestia da preda, un pirata, un predone.

Anche se dichiarassero la guerra e toccasse a me di andare, io afferrerei la baionetta per affondarla, affondarla fino all’elsa”.

L’irrequietezza dello spirito inizia a farsi sentire e le gambe iniziano a tremare, gli occhi hanno bisogno di vedere orizzonti nuovi, odori nuovi, facce nuove. La fuga diventa l’unico modo per placare l’anima.

“Quando ti si sgretola il pavimento sotto, resistere o arrenderti sono due facce della stessa voglia di distruggerti. Per un po' ho resistito, e poi mi sono arreso... Finché non ho pensato che c'era anche una terza strada: fuggire, andarsene per sempre, smettere di prendersi in giro con la speranza che domani qualcosa possa cambiare...“ Pino Cacucci, La polvere del Messico.

L’allontanamento per guardarsi dentro con maggior serenità. Ascoltarsi senza preconcetti. Conoscere senza pregiudizi. Pino Cacucci diventa il mio “spirito guida”.  Il mio alter ego scrittore.

“Siamo abituati a dare una valenza negativa al concetto di fuga; i sussidiarii delle medie ci insegnavano che è un gesto vile, una rinuncia ad affrontare avversità e responsabilità. La fuga è invece l'unica scelta dignitosa quando non puoi cambiare più nulla, e non vuoi neppure lasciarti coinvolgere, diventare complice”. ‎ Pino Cacucci, Punti di fuga.

Inizia il mio distacco fisico dall’Italia. Dalla mia quotidianità.  Dal mio conosciuto. La partenza. Il viaggio. Un pomeriggio un libraio fantastico della Feltrinelli di Bologna, dopo una splendida chiacchierata, mi convince a lasciare un messaggio a Cacucci. È una persona molto semplice, vedrai, ti risponderà. Scrivo 3 righe a matita su un pezzetto di carta stropicciato con il mio indirizzo mail (avevo ancora tiscali.it).  E come nelle più classiche delle favole un giorno mi risponde. Ma io non risponderò mai a quella mail. Fino a quando lo incontrerò in Messico (ma questa è un’altra storia).

E allora il viaggio continua. Si riparte. “Il punto di fuga è quello da cui partono infinite linee: basta seguirle, per scoprire altrettante realtà, dimensioni, mondi. Non è solo un modo per fuggire, ma anche per capire quanto siano risibili le cose che ci sembrano assolute, se appena le guardiamo da lontano. E tornare, serve a riguardarle da vicino con occhi diversi”.

Il Messico “Uno di quei luoghi dove si comincia a capire qualcosa solo quando si rinuncia a capire.” Rinunciare a capire, rinunciare a cercare sempre di capire perché. Di cercare sempre le risposte alle domande.

L’allontanamento dall’Europa, da quello che fino al giorno prima pensavo la “mia terra” mi porta a riscoprire la poesia di Calvino. La sua visione delle città. Delle persone. L’analisi onirica della “civiltà”. “È delle città come dei sogni: tutto l'immaginabile può essere sognato ma anche il sogno più inatteso è un rebus che nasconde un desiderio oppure il suo rovescio, una paura. Le città come i sogni sono costruite di desideri e di paure.”

Io sono il frutto di una grande città. Ma ho sempre sentito che ero anche altro e che dovevo andarlo a cercare. Per allontanarmi dai fantasmi. Per capire chi ero e, soprattutto, chi volevo diventare.  “La città non dice il suo passato, lo contiene come le linee d’una mano, scritto negli spigoli delle vie, nelle griglie delle finestre, negli scorrimano delle scale, nelle antenne dei parafulmini, nelle aste delle bandiere, ogni segmento rigato a sua volta di graffi, seghettature, intagli, svirgole.”

E poi sembra che il mondo ti ricrolli addosso. La morte improvvisa, cattiva. La vita rifiutata. La vita derisa e abbandonata. Il suicidio come scelta di vita. Paradosso.  “A volte l’uomo ha bisogno di affrontare la morte per capire che cosa sia la vita”.

Ma io ero viva. “Avevo il diritto di viverla, quella felicità. Non me lo avete concesso. E allora, è stato peggio per me, peggio per voi, peggio per tutti… Dovrei rimpiangere ciò che ho fatto? Forse. Ma non ho rimorsi. Rimpianti sì, ma in ogni caso nessun rimorso…” In ogni caso nessun rimorso, Pino Cacucci

Grazie alla città ai suoi mostri e ai suoi angeli posso continuare a vivere nel mondo.

“L'inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n'è uno, è quello che è già qui, l'inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l'inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio.”

Sono ancora in viaggio. Con le valigie e con lo spirito. Ho cambiato ancora continente. Africa. Forse le mia anima è più tranquilla ma le mie gambe non hanno smesso di tremare “Viaggiando ci s'accorge che le differenze si perdono: ogni città va somigliando a tutte le città, i luoghi si scambiano forma ordine distanze, un pulviscolo informe invade i continenti.” Italo Calvino, Le città invisibili

"- Allora ti sei divertita?
- Così.
- L'hai visto, il metrò?
- No.
- E allora, che cosa hai fatto?
- Sono invecchiata".
Zazie nel metrò, Queneau


La lettura e il viaggio continuano.