lunedì 25 aprile 2011

i bilanci hanno un senso?


mi chiedo spesso ultimamente se si può fare un bilancio della propria vita. oddio. detta così suona un po' strano, d'altro canto ho solo 35 anni. 
caspita sono già trentacinque!!!!
Cosa dovrei essere? Adulta. si, quello si. Anagraficamente parlando.. e per le scelte che si fanno. Insomma, agire sempre d’impulso è un lusso che da anni non posso più permettermi. E’ molto difficile sapere in quale fase della vita ci si trovi.

A me non è mai capitato di saperlo veramente. 
Di sapere con esattezza o, almeno con un’approssimazione accettabile, che strada stava prendendo la mia vita. La certezza che più sento mia, e qui potrebbe aprirsi una voragine di commenti e precisazioni, è quella di non essermi mai sentita ferma.

Ho sempre avuto la sensazione, sin da ragazza, da adolescente e credo da molto prima, di non appartenere al luogo nella mia esistenza. Mi sono sempre sentita estranea, fuori luogo, fuori tempo. Ma non è la sensazione di timidezza o di difficoltà d’inserimento, è sempre stato qualcosa di più radicato, di più profondo.

La sensazione, che ancora oggi mi sento addosso è quella di vivere, guardare, pensare, sentire, ascoltare, camminare,attraverso luoghi e situazioni che osservo solo dall'alto. Non con distacco. Il distacco è un sentimento che non mi appartiene. Ma l’osservazione sistematica e la cercata comprensione di tutto quello che mi circonda è qualcosa che si può avvicinare al vero.

Anche il mio respiro non mi permette di rallentare, di fermarmi. Se devo pensare a qualcosa di bello, a qualcosa di mio, penso all’altrove. Quello che è altro da me. Un luogo, o un non luogo, dell’anima dove potersi fermare e respirare. Un luogo dove la mente è costantemente sollecitata ad immagazzinare emozioni nuove, dove gli occhi non si possono fermare davanti all’immensità di tutto quello che incontrano.

Mi è sempre piaciuto partire, viaggiare. Le partenze sono sempre state per me un preludio di tutto. Il viaggio inteso come allontanamento dalla vita quotidiana, dalla routine. Ho sempre amato le stazioni ferroviarie. Il loro disordine, la loro fretta. Tutti i luoghi di partenza, di passaggio sono oasi di continua meraviglia per me.

Sin da piccola gli autogrill, durante le soste in macchina con la mia famiglia, hanno esercitato su di me un felice stupore, un'eccitazione epidermica. Mi piaceva scendere dalla macchina, un po’ assonnata e indolenzita e andare incontro a facce nuove, diverse. Odori, sguardi, parole catturate all’interno di frasi senza senso che mi portavano in posti sconosciuti.

Mi è sempre piaciuta quella sensazione di estraneamento che si prova in questi posti. Io mi sento bene in mezzo a persone sconosciute con le quali non ho nessun legame e per le quali sono totalmente estranea.

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